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GIUSEPPE NATALE - da: La Basilicata nel Mondo - 1934-1937

Quando, tre mesi fa, il 14 ottobre 1926, in una grigia mattinata di autunno, giunse a Napoli la notizia tristissima che all’alba di quel giorno stesso il Gr. Uff. Avv. G. Natale si era spento nella bianca sala di una clinica in Roma, fulmineamente abbattuto dall’inasprirsi inesorabile di un male, del quale la salda fibra dell’uomo sembrava dovesse senza pena trionfare, il coro di compianto, caldo, sincero, profondo, che si levò da tutti i cuori, e le manifestazioni di commozione e di rammarico che si seguirono, per lunghi giorni, confortando di tenera solidarietà di duolo la famiglia e il giornale cui l’estinto aveva dedicato, in tutta la sua vita, ogni suo palpito di indeclinabile amore, furono indubbiamente degni delle infinite virtù di Lui: virtù di pensiero e di azione, di sentimento e di coltura; di nobiltà spirituale e di gentilezza di vita.

Mentre la sua bara, lontano, sotto altro cielo, moveva verso il sepolcro, seguita dai suoi più fidi precipitosamente accorsi da Napoli, intorno alla sua figura sopravvivente nel ricordò fu un immediato affollarsi di affetti, un rifiorire di tenerezze, un rinverdire di comunioni ideali reciproche: e il nodo di infinite consuetudini di studio e di lavoro, di affinità dell’animo, di consensi intellettuali e materiali, parve intrecciarsi intorno alla sua grande ombra come un rinascere, anche più caro, di preziose lontane o vicine dolcezze. Quanti lo avevano conosciuto, quanti avevano avuto con Lui dimestichezza di rapporti, nella vita politica come nella carriera forense, nel giornalismo come nella vita privata, e avevano avuto occasione di trattare con Lui, tutore degli intereressi del proprio paese nel Consiglio provinciale di Basilicata, o acuto e perspicace giurista, o alacre e infaticabile Capo di una grande azienda giornalistica moderna, o gentiluomo perfetto, pieno di gusto e di delicatezze squisite, nell’intimità della sua casa, vennero idealmente allineandosi, gli uni presso gli altri, quasi per far ala al passaggio della sua spoglia mortale, nel tragitto verso il mondo del mistero supremo, e renderle il meritato ultimo tributo di amicizia e di devozione.

Mobilitati dall’accoramento, in questa linea ideale ci ritrovammo tutti. Lungo i bordi di tutte le vie santificate dal passaggio della morte, lo seguimmo, con gli occhi fissi nel nulla, teneramente, nel suo viaggio estremo, che si compiva a distanza, lungi dal mondo a Lui più caro, lungi dalla città dove la sua attività si era andata svolgendo per quarant’anni, e dove a Lui erano venuti tutti i consensi, i più alti e i più cordiali. Ed oggi, per questa infinita gente, cui il fato volle che Egli si sottraesse, nella sua ultima ora, perché nel cuore di tutti durasse la memoria di Lui in quelle forme di vita piena e perfetta che Egli tanto amò, e della quale spandeva intorno a sé l’amore, per questa infinita gente, dalla quale Egli non volle essere veduto nella bara, quasi con preordinato programma, miracolosamente imposto all’ineluttabile, perché la consuetudine altrui con la sua memoria si serbasse immutata, ed Egli potesse, di Là, sentirsi ancora partecipe della vita, non estraneo al tumulto dei nostri affetti, per continuare a dividere con noi, come prima, la sua parte di bene nel mondo, per questa infinita gente, qualcuno, nel raccoglimento memore che intorno alla Sua grande ombra si addensa, oggi parla.


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Giuseppe Natale si è spento a cinquantasei anni: di questi, quarant’anni furono una ininterrotta esaltazione di pensiero e di lavoro, per il giornale e per il giornalismo. Era nato con questa sua fede nel cuore, con questa sua ansia nel sangue. Adolescente, aveva subito il fascino della carta stampata. Laureatosi avvocato, la lotta più aspra si era combattuta in Lui, tra le lusinghe dei successi forensi, cui la lunga e forte preparazione lo chiamavano, e quelle delle grandi rotative, che sono la voce quotidiana del pensiero e delle opere del mondo. E queste avevano vinto. Giuseppe Natale obbedì al loro richiamo, infatti, ben presto, senza opporre resistenza alcuna, e la sua carriera di giornalista fu, innanzi tutto, dedizione piena e completa al suo ideale assoluto.

Ancora oggi, certo, tra i giovani della nuova generazione, il fenomeno si rinnova, e noi vediamo affluire verso il giornale, dai poli più distanti, dai solchi più disparati, le energie fresche e verdi, prese d’amore per un mestiere che non conoscono, ma che eserciterà sui cuori, sempre, un’azione suggestiva formidabile: ancora oggi, la magia del giornale, filtro d’incanto, germe fecondo di gioia, veleno misterioso diffuso per occulte vie in ogni più intima fibra, greve di crucci, di sacrifizi, di fatiche, conquide legioni innumerevoli di reclute: ma quanto diverse, ormai, son l'opera del giornalista e la vita del giornale, da quelle che erano sette o otto lustri or sono, quando Giuseppe Natale iniziò animosamente la sua grande e bella vicenda di lavoro! Il giornalismo è ormai diventato una grande industria, inquadratasi tra le forze eminenti della economia nazionale, e il giornalista è diventato, a sua volta, un impiegato, piccolo o grande, con maggiori o minori diritti, pienamente garantiti, con doveri ben limitati e precisi. Invece, sette o otto lustri or sono, a chi entrava in un giornale, per servire il pubblico dei lettori, non si poteva promettere che qualche soddisfazione morale in compenso esclusivo, ed in cambio di queste, quanti oscuri periodi di avversità materiali, quante incertezze di realtà, quante lotte con l'ignoto! Ardenti del fuoco sacro, lieti di donare interamente sé stessi, il proprio ingegno, la propria giovinezza, all’ideale propostosi, coloro che resistevano, saldando ai destini del mostro bellissimo il proprio destino, fornivano, trenta o quaranta anni or sono, tale un magnifico esempio di volontà convinta, di illuminata fermezza, di entusiastica fiducia, che oggi la nostra ammirazione per essi non va disgiunta dalla più, sincera commozione: i due sentimenti dai quali, in massima parte, è costituito il tributo di omaggio oggi reso alla memoria di Giuseppe Natale.

Perché tutto il suo ingegno, la sua attività, la sua tenacia combattiva e fattiva, sin dal primissimo istante, Giuseppe Natale gettò sul rogo fatidico che è il giornalismo: un rogo che è luce e calore per il mondo circondante, ma si alimenta del più puro bene vitale di pochi eletti. La fiamma consuma ogni giorno un poco di questo bene; e più puro e più nobile è questo, più alto è l’ardore del rogo, e più riscalda intorno a sé il mondo. Per Giuseppe Natale, la fiamma suprema fu il “Giorno ,,, e la potenza e la vitalità di questo giornale sono, per noi tutti, oggi, la testimonianza migliore delle virtù morali e materiali di Colui che nella superba fatica consumò se stesso.

La grande giornata di vita di Giuseppe Natale si iniziò al “ Mattino ,,, negli anni dell’alba gloriosa di questo grande organo del Mezzogiorno, che, battendo in breccia le tradizioni annose, con giovanile baldanza, volle essere la prima scolta veemente di un movimento rinnovatore del pensiero politico, letterario ed artistico, del nostro paese, dall’arco della nostra sponda tirrena. Adunata memoranda di uomini d’ingegno e di uomini di fede, il “ Mattino ,, di quel decennio famoso, 1890-1900, è ricordato, nella storia del nostro giornalismo, come una sorprendente •r~gin~ epica: e nella memoria dei superstiti tanti di quel decennio, più o meno noti, ma tutti egualmente cari, si avvicendano. Tra questi è il nome di Giuseppe Natale, che con eleganza e profondità di sapere non soltanto redigeva il quotidiano Diario legale e compilava le cronache giudiziarie del giornale, ma, in quei periodi di burrasche e di persecuzioni, che mettevano in continuo repentaglio la vita stessa dell’azienda, ne diventava infaticabile patrono nelle aule di giustizia, sostenendone il buon diritto innanzi ai tribunali. Questo primo periodo dell’attività giornalistica di Giuseppe Natale, doverosamente, non può essere obliato, oggi, qui: esso sta, anzi, come significativa premessa di quello sviluppo di attività che il maturare dei tempi doveva tradurre nelle più ampie e complete fatiche realizzatrici del “ Giorno ,,.

Quando, ventitré anni fa, Matilde Serao lasciò il “Mattino,, per fondare il “ Giorno ,,, Giuseppe Natale fu il primo redattore capo di questo, e ne fu, nel tempo stesso, l’organizzatore tecnico, il vivificatore esperto: il programma vagheggiato con ardimento e con fede trovò nelle virtù di Lui la sua traduzione pratica. E quando, dopo poco tempo, R. Alt, infermo, lasciava la direzione, Giuseppe Natale, staccandosi del tutto dalla carriera forense, ove i più brillanti successi gli arridevano, assumeva le redini del giornale, in pienezza assoluta di responsabilità e di volontà. Da quel tempo ad ieri, accanto a Matilde Serao, fondatrice e animatrice insigne del “ Giorno ,,, Giuseppe Natale è andato quotidianamente foggiando, come il suo lucido talento e la sua esperienza insonne gli suggerivano, la bella arma di gloria e di onore che è rappresentata da quest’organo della stampa quotidiana napoletana: sotto la sua direzione, progressivamente crescendo in importanza, in diffusione, in solidarietà di pubblico, il giornale si è fatto più bello, più ricco, più interessante, sino a raggiungere la lusinghiera fortuna odierna, il “ Giorno ,,, magnifico esempio di volontà e di lavoro, è oggi un saldo e poderoso organismo di vita, dalla perfetta struttura, dalla impeccabile efficienza: e questo risultato di sicurezza incrollabile e fiera è il frutto dell’opera silenziosa e paziente, accorta e vigile, spesa, per tanti lustri, instancabilmente, al fianco di Matilde Serao, dal1’ uomo che qui oggi noi, con reverenza memore, ricordiamo.

Giuseppe Natale era scrittore limpido e terso, aveva uno stile franco e disinvolto, ma, nel tempo stesso, pieno di squisito garbo, preciso e amabile. La sua prosa dilettava e interessava, ed era sempre, in essa, un pensiero, che Egli si sforzava di rendere quanto più chiaro e immediato fosse stato possibile. Tuttavia, scriveva poco: le collezioni del Giorno,, non contengono numerosi articoli del direttore del giornale. Ma ogni numero di questo, invece, era permeato dello spirito di Lui. Poiché, se Egli non amava scrivere, amava che gli altri scrivessero come Egli voleva e sentiva, e tutto ciò che nel “ Giorno ,, si è andato pubblicando, in questi anni, è stato, appunto, sempre, un riflesso di Lui, una vibrazione della Sua sensibilità e del Suo buon gusto.

Ma dove l’opera dell’uomo vigorosamente eccelle, è nell’organizzazione tecnica modernissima del giornale. Per verità, in questo campo, Egli è stato indubbiamente un precursore. Giuseppe Natale ha intuito, venti anni fa, quella che oggi sembra una conquista recentissima: Egli ha visto, fin da quel tempo, che le preferenze del pubblico si orientavano verso il giornale di tipo essenzialmente vario, non esclusivista, non cattedratico, in politica, in letteratura, in arte. Ed Egli volle fare del “ Giorno ,,, cosi, a poco a poco, un giornale serio, ma non greve, autorevole, ma non parruccone, un organo di informazioni, ma anche di dibattiti; di passione, di idee, di fatti: un giornale di grande prestigio politico e di infinito interesse spirituale, attraente per tutti, non estraneo ad alcuno. Per ottenere questi risultati, ciò che importava, innanzi tutto, era conoscere il pubblico, saperne intuire i gusti, le simpatie, gli orientamenti, e spesso precorrerli, per trionfare di essi: Giuseppe Natale ebbe in sommo grado questa sensibilità. Alla quale occorre, nel ricordo odierno aggiungere quella di una coscienza impeccabile del limite oltre il quale ogni concessione alle tendenze del pubblico sarebbe stata una dissonanza e un danno. Era, questo senso del limite, in fondo, un prodotto di reazione istintiva del suo spirito fine ed aristocratico, schivo d’ogni disarmonia e di ogni artifizio, materiale o morale. E questa reazione lo sorresse infaticabilmente, sempre, nella sua diuturna opera, onde il giornale che Egli vagheggiò e che poté attuare, a poco a poco, mentre trae dal tipo dei confratelli francesi quella leggerezza e quella freschezza che a questi è innata, non cade negli eccessi e nelle esagerazioni che spesso si rimproverano alla stampa d’oltre Alpe, e che precipitano in aperta frenesia nel giornalismo giallo d’oltre Oceano.

Giuseppe Natale fu, insomma, un uomo di grande equilibrio mentale, e questa sua dote preziosa Egli portò nella realizzazione del suo sogno di giornalista modernissimo. La Sua opera sopravvive, oggi, nelle forme commessale dalla sua vigile anima, ansiosa di novità e di bellezza, ma perfettamente conscia dei suoi doveri verso quelle tradizioni di cultura, di fede, di affetti, dalle quali la gente nostra non si distaccherà giammai. Egli seppe sveltire il giornale senza cadere in deviazioni e senza piegare a transazioni; renderlo piacevole a una massa di pubblico sempre più vasta, e conferirgli un tono supremo di distinzione e di signorilità. Questo prodigioso risultato Egli poté conseguire con la cura assidua, minuziosa, tenace, d’ogni minimo dettaglio dell’organizzazione: non distraendo la sua attenzione, neanche per un minuto, per lustri e lustri, da essa: ogni giorno ritoccando, completando una parte dell’edifizio, e virtuosamente tutte integrandole tra loro, sempre più armonicamente. Ed Egli poté, così, dal lato estetico, fare del ” Giorno ,, un foglio perfetto, e pel contenuto poté gloriarsi di presentare, quotidianamente, a Matilde Serao, fondatrice e tutelare nume di esso, un giornale dotato di un proprio soffio di vitalità, di ispirazione originale, di fattura moderna, diverso da ogni altro, pieno di muscoli e di nervi, di cervello e di cuore.

Egli sentiva, tuttavia, intensamente, sempre, la nostalgia di quell’altra nobilissima arena dalla quale in giovinezza si era voluto allontanare, ed il suo pensiero tornava, ogni tanto, con assiduità, alle cure giuridiche, e specialmente si interessava di quei problemi del diritto che hanno attinenza con la vita politica e giornalistica. Ne seguiva il movimento incessante, sui libri e sulle riviste speciali, di alta cultura, e nei contatti con gli uomini di preclara dottrina, che lo avevano carissimo. Enrico Pessina, Vittorio Emmanuele Orlando, ebbero per Lui, infatti, sempre, una predilezione sincera: apprezzavano in Lui la larga preparazione intellettuale, l'intuito preciso, il senso coordinatore e sintetizzatore delle idee.

Queste virtù noi ritroviamo tutte nelle opere di studio che Egli ha lasciato, e che fanno ormai parte della biblioteca giuridica comune: il trattato sulla Diffamazione a mezzo della stampa è un quadro completo di tutti i più recenti postulati acquisiti a questo importante capitolo del diritto penale, e sarà sempre consultato con profitto da tutti, in ogni questione che coinvolga la responsabilità del giornale e del giornalista innanzi ai tribunali.

La sorprendente crisi di crescenza che ha avuto la stampa in quest’ultimo mezzo secolo, ha quasi creato, giorno per giorno, nuove basi di rapporto tra il giornale e gli ordini sociali circondanti: la dottrina giuridica sulla diffamazione è pertanto interamente una conquista dei tempi nostri, piuttosto che una secolare eredità dei padri. Da questo punto di vista, il valore del trattato lasciatoci dal Natale è fondamentale; la sua opera di ricerche, di comparazioni, di deduzioni, è tuttora palpitante di attualità, nei richiami a tutta la giurisprudenza estera e nel commento agli articoli del nostro Codice e al pensiero dei nostri Maestri.

Un’altra bella opera di studio è quella sulle “ Corti di onore ,,. Questa nacque con il battesimo di V. E. Orlando, che ne lanciò 1’ idea dal banco di Ministro Guardasigilli, presentando un analogo progetto di legge alla Camera. L’argomento era troppo suggestivo e appassionante, perché il Natale, giornalista e giurista, spirito combattivo, ma illuminato e studioso, non dovesse sentirsene conquistato. E lo studio sulle Corti di onore anche resta, oggi, come il documento di un movimento giuridico e sociale, assai significativo, alle soglie del nostro secolo, che sarà doverosamente ricordato da coloro che, presto o tardi, ne rievocheranno il gran ciclo agitato. Mentre a tali opere attendeva, Giuseppe Natale fondava, intanto, il Corriere dei tribunali, il primo giornale popolare settimanale di giurisprudenza forense che sia pubblicato in Italia, che aveva il più grande successo, e che è tuttora in vita; fondava la Difesa gratuita dei poveri, in Castel Capuano, a Napoli, istituzione geniale di patronato nelle contestazioni giudiziarie, e che in molteplici forme oggi ancora sopravvive, con grande profitto delle classi umili della metropoli meridionale.

Parlatore perfetta, oratore chiaro ed armonioso nella forma e nello stile, causeur impeccabile, conferenziere avvincente — 1’ultima sua conferenza, dopo la guerra, al teatro Sannazaro, si ricorda ancora, a Napoli, come un avvenimento di profondo diletto spirituale — Giuseppe Natale non volle, infine, mai accettare di partecipare in pieno alla politica attiva: temeva, giustamente, che questa lo allontanasse dal suo caro giornale, al quale Egli si sentiva troppo legato, e della cui fortuna era intimamente orgoglioso. Aderì soltanto, per qualche tempo, a rappresentare, nel Consiglio provinciale di Basilicata, il suo mandamento natio, e fu per una diecina d’anni componente la Deputazione provinciale: esercitò coscienziosamente sempre, con dedizione completa del suo tempo e delle sue energie, il mandato affidatogli dai suoi elettori, e della sua alacrità di amministratore non è spento il ricordo, nel Consenso rappresentativo Lucano, a Potenza. E quando Egli volle ritrarsi dalle ulteriori competizioni, resistendo agli inviti dei suoi concittadini di S. Chirico, e volle da questi staccarsi, con loro grande rammarico, gli fu di incomparabile premio la soddisfazione di aver compiuto, sempre, sino all’ultimo, il suo dovere di cittadino, e di aver ben meritato dalla sua terra natia.

Tale fu in vita Colui che fugacemente in queste pagine ci siamo sforzati di rievocare: un uomo che alle virtù dell’ intelligenza e della cultura unì quelle di una infinita delicatezza interiore: il cui retaggio spirituale è rappresentato dal giornale che in ventitré anni di sforzi Egli andò modellando e plasmando nelle forme più elette. La memoria di Lui non declinerà: sin quando, con la luce dell’ alba che ogni giorno ritorna più nitida e fresca, il Suo bel foglio entrerà in mille e mille case, a Napoli e nel Mezzogiorno d’Italia, smagliante, vivido, alacre, come Egli insegnò a farlo, Giuseppe Natale parteciperà alla nostra vita, al palpito e al respiro dei giorni nostri: sarà idealmente presente e combattente, con noi, sotto il vasto cielo aperto.

Egli amava molto la vita, giustamente, poiché la sentiva come una serena armonia dei beni morali e materiali; e a questa armonia perfetta di pensieri e di opere Egli continuerà a dare, sempre, attraverso il giornale, sua creatura di fede, il suo tributo prezioso, mentre la Sua figura non impallidirà mai nella tenerezza del nostro ricordo.

Ora, nelle stanze del giornale, i suoi devoti collaboratori si sono stretti più che mai reverentemente intorno a Matilde Serao, indomito e meraviglioso esempio di illuminato fervore; il cerchio della più potente solidarietà di lavoro si è saldato, sulla tomba di Giuseppe Natale, e il giornale più segue il suo grande cammino radioso. La morte non è una sosta, mai: ma quando le nobili e forti opere terrene serbino davvero intatta fa fiamma che in esse tradusse il loro animatore, il valore di realtà che queste raggiunsero trae dallo stesso Mistero dei millenni il suo supremo conforto, e il transito di rivelazione loro dona quella aureola augusta che è guida ai superstiti e premio per Colui che sparve.


da: La Basilicata nel Mondo - 1934-1937

Autore: ARTURO NAPPI

 

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